Il volume affronta per la prima volta, muovendo da un'ampia ed articolata base di dati statistici raccolti in una preziosa appendice a corredo del testo, il problema della difficoltosa convivenza tra il vecchio codice penale ancora vigente ed il nuovo codice di procedura penale entrato in vigore il 24.10.1989, cercando al contempo di coordinare le molteplici dinamiche a cui quest'ultimo si indirizza e di tracciare le linee di una coerente politica criminale.
L'autore, Rosario Minna, magistrato e docente universitario, utilizza il nuovo codice di procedura penale come chiave di lettura attraverso la quale ricostruire la realtà effettuale della criminalità italiana precedente alla sua entrata in vigore e l'escalation che l'ha connotata dopo il 1960, con un aumento sempre più serrato dal 1975 in poi, portandola ad una delittuosità allo stesso livello quantitativo e qualitativo degli altri Paesi dell'Europa occidentale.
Di tale progressione criminosa l'autore fornisce dettagliati e documentati elementi di rappresentazione, non solo con riferimento alla realtà nazionale, ma offrendo anche, all'interno di questa, una valutazione in chiave regionale.
In tale contesto viene focalizzata la situazione di crisi del vecchio sistema penale a fronte della criminalità di massa e delle rutilanti forme di crimine organizzato che la accompagnano, che postula mezzi legali nuovi per affrontare queste nuove manifestazioni della illegalità, insorgenze dell'ampio spettro internazionale, di cui l'Autore saggia le tendenze e le scelte, in modo da intendere meglio le scelte italiane.
Ed è proprio l'incapacità del diritto penale sostanziale di risolvere tali problemi che, nell'analisi dell'Autore, rilancia il peso del processo penale come strumento di controllo sociale.
Sulla base di tale premessa viene ricostruito l'iter delle contrapposte dinamiche che portarono alla riforma del codice di procedura penale, mentre il cambiamento del codice penale rimaneva confinato nel limbo di proposte e progetti senza corso legale.
L'Autore si sofferma quindi ad analizzare l'impatto innovativo del nuovo modello accusatorio, delineato nei suoi tratti caratterizzanti, sul vecchio sistema del 1931 e, approfondendo alcuni momenti e sviluppi essenziali della criminalità in Italia dopo il nuovo codice di procedura penale, tenta di operare fattivi riscontri sulla reale incidenza di tale testo sulla complessa realtà criminale, tentando un plausibile bilancio conclusivo sul rapporto fra nuovo codice di procedura penale e criminalità.
Di particolare interesse l'excursus della legislazione antimafia dal 1990 al 1994, apparato normativo che incide non poco sulla conformazione di alcuni soggetti processuali e, fra questi, quelli più indicati a decidere le sorti del nuovo meccanismo processuale: i pentiti, la Polizia giudiziaria, il Pubblico Ministero.
Sempre sul fenomeno mafioso il libro offre una sistematica raccolta di dati e osservazioni, che costituiscono lo spunto per alcune riflessioni ed articolati giudizi, che spaziano dalla consistenza numerica ai valori interni, all'articolazione della "cosca", rituali, simbolismo etc., approdando ad un'analisi di sicuro interesse che affronta il parallelismo fra forme organizzate di criminalità e strategia di contrasto e il rapporto di specularità che le lega.
L'analisi si conclude con una serie di domande circa i trend in atto nelle compagini mafiose e l'incombere dei mafiosi sulle nostre realtà, che si rivela come polivalente, come fatto sociale che si muove contemporaneamente sul piano criminale, a livello politico, dentro l'economia del nostro mondo.
|
|